Le microplastiche

microplastiche

Dalla diffusione in mare all’inserimento nei cicli biologici

Premessa

La plastica, caratterizzata da eccellente versatilità di utilizzo, economicità e durevolezza nel tempo, è un materiale di larghissimo consumo, soprattutto nel comparto dei prodotti monouso. Dai primi anni del ‘900 , la produzione mondiale di materiale plastico è stata sempre in continua crescita rivelandosi negli anni, a causa della sua elevatissima diffusione, estremamente dannosa dal punto di vista ecologico ed ambientale.

Le microplastiche

Fin dagli anni ’70 è stata riscontrata nell’ambiente marino la presenza di piccoli frammenti di plastica, ma solo recentemente l’opinione pubblica ha iniziato ad avere una sensibilizzazione su questo tema e solo da pochi anni sono stati adottati dalle autorità dei comportamenti per incentivare il recupero di questi materiali. Purtroppo ancora oggi ingenti quantità di rifiuti plastici finiscono nei mari e negli oceani, e sebbene l’attenzione mediatica riguardante la presenza in ambiente delle microplastiche sia essenzialmente rivolta all’ambiente marino, la comunità scientifica ha cominciato a produrre evidenze della presenza di microplastiche nell’ aria e nel cibo

Secondo la definizione dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), le microplastiche sono particelle di dimensioni da 0,1 e 5.000 micrometri (μm) [1000 μm corrispondono a 1 millimetro], frammenti di materiale sintetico talmente piccoli che gli attuali sistemi per la depurazione delle acque non riescono a trattenerli.

La presenza delle microplastiche in ambiente rappresenta un problema ambientale e sanitario di proporzioni enormi, dal momento che una parte della plastica prodotta negli ultimi 60 anni (stimata pari a 8,3 miliardi di tonnellate) è inevitabilmente arrivata nei bacini idrici direttamente in forma di microplastica o di oggetti plastici che poi si sono degradati meccanicamente, entrando nel ciclo dell’acqua e nei cicli biologici.

La prima stima sulla quantità di microplastiche – particelle di dimensioni inferiori ai cinque millimetri – che ogni persona ingerisce con la dieta è stata fatta da un gruppo di ricercatori canadesi dell’Università di Victoria. Il lavoro pubblicato sulla rivista Environmental Science and Technology ha calcolato quante particelle finiscono nei piatti di un consumatore o medio: ogni anno mangiamo in media 50 mila microparticelle di plastica, ma probabilmente ne assumiamo molte di più, se poi tutti i giorni beviamo acqua minerale. Considerando che in Italia siamo i primi consumatori di acqua in bottiglia al mondo, il valore stimato dai ricercatori dovrebbe essere molto, molto più alto

Ed è proprio l’acqua a fare una grande differenza nell’apporto di particelle di plastica, dato che la minerale ne contiene fino a 22 volte di più rispetto a quella del rubinetto!!!


Le microplastiche si dividono in primarie e secondarie, le prime sono direttamente rilasciate nell’ambiente sotto forma di piccoli frammenti derivanti da attività umane di tipo domestico o industriale e possono originarsi nell’uso o nel mantenimento di altri prodotti come nel caso degli pneumatici o dal lavaggio dei tessuti sintetici, o addirittura possono essere aggiunte ai normali prodotti cosmetici

Le microplastiche secondarie si originano invece dalla degradazione di oggetti di plastica più grandi in frammenti sempre più piccoli una volta che sono esposti all’azione marina. La busta di plastica abbandonata in mare, ne è un esempio.

Nei Paesi dove le strutture per il trattamento dei rifiuti sono più avanzate, le microplastiche primarie superano addirittura quelle delle microplastiche secondarie.

Come intervenire

Determinare la tipologia e le dimensioni delle microplastiche è di fondamentale importanza sia per comprenderne i meccanismi di diffusione nell’ambiente sia per avere informazioni su quali tipi di prodotti stiano avendo il maggior impatto ambientale.

ITA GROUP, Società specializzata nello studio dei rischi associati

all’attività di impresa, nella loro previsione, gestione, mitigazione e

difesa, da anni si occupa di formare figure professionali altamente

specializzate nella sicurezza alimentare

Gli effetti inquinanti sull’ecosistema marino e terrestre delle microplastiche, unitamente alla loro potenziale tossicità sulla salute umana, rendono necessaria un’attenta attività di monitoraggio.

É pertanto necessario sviluppare dei metodi per comprenderne i meccanismi di diffusione nell’ambiente e per avere informazioni su quali tipi di prodotti stiano avendo il maggior impatto sull’ambiente e sulla salute dell’uomo

Per ulteriori informazioni puoi contattare Ita Group ai seguenti recapiti:

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